Daniela Poggi
Daniela Poggi

Daniela Poggi: importante tramandare il sapere ai giovani

Un’intervista a cuore aperto con Daniela Poggi, un’altra attesa ospite del Premio Internazionale Donnafugata. Un viaggio tra le sue passioni e il suo vissuto, un incontro molto piacevole…

Bentornata sul quotidiano “La Gazzetta dello Spettacolo”, a Daniela Poggi. Il 7 settembre presenzierà al Premio Internazionale Donnafugata, cosa può dirci a riguardo?
Sono molto felice di poter ricevere questo premio. Tutte le volte in cui se ne riceve uno vuol dire che si è svolto bene il proprio lavoro, il proprio cammino e professione. Provo una profonda gratitudine.

Quali consapevolezze ha raggiunto nel corso degli anni e quanto è cambiata da quelli che sono stati i suoi inizi?
Sono cambiata tanto! Sono cambiata perché sono diventata più grande ed è chiaro che ci sia un’evoluzione artistica nei ruoli. La vita ti regala maggiore consapevolezza e la possibilità di interpretare ruoli completamente diversi da quelli interpretati a vent’anni. È stato un bel percorso ma non sono abituata a guardare indietro. Per me esiste l’oggi, la speranza, il fare di tutto affinché si possa continuare ad andare avanti con tanti anni ancora di teatro, televisione e impegno artistico, politico e culturale.

Daniela Poggi ha lavorato tanto nella televisione ed anche nel teatro ma, a suo avviso, quanto è cambiato tutto ciò?
È cambiato tutto! È cambiato il sistema produttivo e lavorativo, gli investimenti, è completamente cambiato il mondo, dai social alle piattaforme a quanto altro. Da un certo punto di vista possiamo parlare di progresso ma, a mio parere, all’interno di questo progresso si è verificata anche una grande perdita di qualità. Si evince maggiormente la quantità al prodotto, all’economia, più che una scelta di qualità. All’interno di un progresso tecnologico c’è anche una grande decadenza culturale, la globalizzazione ci ha messo a contatto con tutti e tutti pensano di poter fare tutto con poca qualità e questo, purtroppo, anche da parte dei vertici.

Quanta fatica c’è oggi nel portare avanti questa professione?
Ci vuole maggiore impegno per non perdersi, anche per quanto riguarda un successo immediato dei giovani. Il sistema legato alla tecnologia può portarti subito a raggiungere livelli molto alti ma d’un tratto può farti anche cadere. Bisogna, quindi, studiare, non ricadere nel tutto e subito, mostrarsi con una forte solidità interiore. Importante è anche l’attenzione alla parola, al linguaggio che si usa, e per tali motivi la responsabilità di noi ‘adulti’ deve essere ancora maggiore. Chi come me ha percorso i suoi quarant’anni e più di carriera sa bene che siamo di passaggio ed è importante lasciare il testimone ai giovani a cui è importante tramandare ‘il nostro sapere’ con attenzione trasmettendo loro il valore dell’arte, della bellezza e qualità.

A tal proposito quale consiglio sente di dare ai giovani, a tutti coloro che vorrebbero poter intraprendere un percorso legato all’arte, alla recitazione?
Vorrei sfatare, per prima cosa, l’idea che fare l’attore sia guadagnare molti soldi e vivere di interviste sui giornali. Il lavoro dell’attore è tra i più precari al mondo perché non si ha alcuna certezza del domani. Se si ha un grande fuoco interiore, una forza nell’esprimersi, allora è necessario studiare, leggere molto, cercare di capire e guardare a trecentosessanta gradi questo mondo per cercare la bellezza che ci consente di andare avanti, al di là delle sconfitte.

Vorrei chiederle del libro “Ricordami”, da lei realizzato, in cui racconta un percorso importante legato alla malattia che ha sorpreso sua madre, l’Alzheimer
È stato importante mettere su carta l’esistenza che, in un certo senso, mi è stata negata nel non essere più riconosciuta da mia madre. Ti confronti con una malattia verso cui non hai modo di difenderti fino al punto in cui è la malattia stessa che prende il sopravvento anche verso la persona che si prende cura di chi è malato di Alzheimer. Nell’accogliere questa consapevolezza, devi accettare l’idea di non essere più figlia, di avere il tuo nome cancellato perché mamma, colei che ti ha generato, non si ricorda più di te. Tre anime libere e indissolubili, io e i miei genitori, e mi sono ritrovata a vivere le loro malattie, sradicata da tutto, oggi. Scrivere è stato un modo per esorcizzare ed elaborare il tutto e, se vogliamo, un modo per trasmettere agli altri ciò che si è vissuto. Fonte di aiuto ma anche un modo per trasmettere l’esperienza di una separazione dei propri genitori, di una maternità mancata, della solitudine di una bambina che è vissuta in collegio, dello sfidare la vita sempre e comunque per metterti alla prova. Una parte di me non artistica ma personale e che ho provato a spiegare a mia madre.

In ultimo Daniela Poggi, cosa può anticiparci sul suo futuro artistico?
Il mio futuro artistico è costituito dallo spettacolo “Figlio, non sei più giglio”, in scena ad ottobre, con Mariella Nava. Un testo contro il femminicidio scritto da Stefania Porrino in cui, per la prima volta, viene portata in scena la madre di un colpevole. Ci sarà, poi, una pièce concerto, “L’altra Elena”, in cui sono voce recitante, costituito da due meravigliose pianiste. Uscirà anche un cortometraggio, “Nel bianco”, scritto e diretto da Ildo Brizi e un successivo corto in cui interpreto la madre di un protagonista, una madre malata di Alzheimer, scritto e diretto da Jacopo Marchini, “I miei giorni”.

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