Marco Guadagno. Foto di Carol Levi and Company
Marco Guadagno. Foto di Carol Levi and Company

Marco Guadagno: non avrei saputo fare altro nella vita

Incontriamo Marco Guadagno, noto attore e doppiatore, una voce a noi da sempre ‘cara’ per via dei tanti personaggi a cui ha prestato la voce e per i ruoli interpretati.

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Marco Guadagno. Come procede il tuo vissuto?
Siamo in un periodo in cui tutto è vago, purtroppo, ma per fortuna ci difendiamo. Il mercato è cambiato in seguito al Covid-19, all’avvento dell’intelligenza artificiale e anche per via dello sciopero che si è verificato in America. Le tecnologie vanno avanti e bisogna capire come utilizzarle al meglio affinché nessuno venga privato del suo lavoro, facendone un utilizzo più pratico, adeguato alle esigenze del momento.

Che viaggio ha rappresentato quello intrapreso nella recitazione e nel doppiaggio?
Ho cominciato questa bellissima avventura da bambino, quasi per gioco, a casa di Sergio Leone, senza rendermi nemmeno conto di chi fosse. A diciotto anni ho poi volutamente scelto di vivere nel pieno questa professione, da curioso quale sono, approcciandomi al teatro. Un viaggio, quello nella recitazione, che va di pari passo con il doppiaggio. Non credo che le due cose si possano scindere perché credo che un attore debba saper fare tutto e con qualità. È fondamentale portare magia allo spettatore, un brivido, il giusto interesse. Una strada, la mia, ancora in lavorazione, un continuo work in progress…

Hai prestato la voce a tanti attori ma cosa ti è rimasto maggiormente ‘cucito’ addosso?
Il percorso giovanile, quello dei primissimi anni, da “Happy Days” alle prime animazioni di Mia Zaghi, a Matthew Broderick al quale sono molto affezionato, fino a “The Mask” e “I puffi” con il ‘che è meglio’, da me inventato. Essere entrato nell’immaginario collettivo fa molto piacere e mi regala grande soddisfazione, così come la direzione al doppiaggio, cominciata a soli diciotto anni.

Molti ti conoscono anche per aver prestato la voce a Jason Priestley, il Brandon di “Beverly Hills 90210”, serie amatissima…
Esattamente! Proprio in questi giorni è venuta a mancare, tra l’altro, Shannen Doherty, sua sorella nella storia. Prestare loro la ‘voce’, in qualche modo, ci permette di lasciare una forma del nostro passaggio, un pizzico di immortalità, un senso di responsabilità per un prodotto che arriva nelle case di molte persone. Nel mio piccolo sento di essere fortunato perché ho partecipato a molti progetti importanti e questo mi rende felice. Non avrei saputo fare altro nella vita se non questo!

Sei riuscito in ciò che più ti appassiona e ami e questo regala una grande soddisfazione…
Esattamente ed è ciò che dovrebbero fare sempre più i giovani. Anni fa ho intrapreso gli studi in giurisprudenza ma dopo aver sostenuto alcuni esami ho sentito che volevo lavorare nel mondo dell’arte e ho scelto, definitivamente. A ventisette anni avevo già il mio primo studio di doppiaggio…

Quanto sei cambiato da quelli che sono stati i tuoi inizi?
Questo non saprei dirtelo! Posso dirti che sono da sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, che sia un suono corrispondente a delle emozioni o qualcosa di simile. Cerco di non accontentarmi, di evolvermi, di capire cosa migliorare, senza dare mai nulla per scontato.

Marco Guadagno, hai qualche rimpianto?
Avrei voluto lavorare di più come attore. Il doppiaggio ha assorbito buona parte del mio tempo e, forse, mi ha tolto dal mercato impedendomi di avere ‘fame’, da quel punto di vista. D’altro canto penso, però, che ho lavorato con Marco Risi e Carlo Verdone, con Giovanni Veronesi e Vittorio De Sica, Danile Lucchetti e Carlo Lizzani e penso di essere sereno, appagato.

In ultima battuta, cosa puoi anticiparci sul tuo futuro artistico?
Non posso anticiparvi molto, purtroppo, ma posso dirvi che a breve avrete modo di assistere ad alcuni film da me diretti.

Lascia un commento