Incontriamo oggi la scrittrice Manuela Chiarottino, che attualmente è in libreria con una doppia uscita editoriale: Tesoro d’Irlanda e Fiori di Loto.
Manuela Chiarottino, che sensazione si prova ad aver appena “partorito” due opere uscite sul panorama editoriale nazionale a distanza di meno di un mese?
Il parto è avvenuto molto vicino, è vero, ma in realtà sono state scritte a due anni di distanza e trattano due temi del tutto diversi che, credo almeno in parte, hanno target diversi di lettori. Detto questo per me è da un lato una grande soddisfazione e dall’altro un doppio lavoro di promozione, impegnativo ma piacevole.
“Fiori di Loto”, peraltro, ha ricevuto il Patrocinio e la postfazione della Fondazione Ricerca Molinette e parte del ricavato delle vendite sarà devoluta a sostegno del progetto “Donne per le Donne” per la prevenzione e la cura dei tumori al seno. Quale rete di contatti ha in parte contribuito alla stesura?
L’idea di trasformare un mio racconto, finalista a un concorso, in romanzo, è stata dell’editrice di Buendia Books, Francesca Mogavero, sfida che ho subito accettato. Lei ha poi contattato la dottoressa Etta Finocchiaro per un consulto sulla parte medica, mentre io ho voluto un parere professionale e umano da Arianna Garrone, direttrice dell’Istituto di Counseling Artemisia, che frequento proprio come counselor. Mariangela Camocardi, un’autrice che stimo, mi ha poi donato la sua prefazione. Insomma, un team di donne di cui sono molto orgogliosa e riconoscente.
Sono storie profondamente diverse tra loro quelle che narri, vuoi parlarcene?
“Fiori di loto” parla di come le donne siano state e siano ancora condizionate da dettami estetici, spesso decisi da uomini e usati come fonte di controllo. Di come la bellezza non debba essere collegata al dolore e di come la donna non debba essere giudicata per il suo aspetto. Lo fa attraverso l’amicizia di due donne, all’apparenza molto diverse tra loro, ma accomunate da un evento doloroso e dalla volontà di rinascere. Laura, ha subito l’asportazione del seno, mentre Ah-lai, un’anziana donna cinese, la fasciatura dei piedi. Un inno alla resilienza femminile e alla speranza.
“Tesoro d’Irlanda”, edito More Stories, è un’intensa storia d’amore, ma non solo, è anche un viaggio. Quello di una giovane donna alla ricerca delle proprie origini, un viaggio che la porterà in una terra incantata, dove tra scogliere e onde impetuose, boschi che sussurrano misteri e prati in fiore, troverà più di quanto si sarebbe aspettata. Un viaggio interiore, per ritrovare quella parte di sé bambina a lungo dimenticata e accogliere la magia che pervade ogni cosa. Non importa se sia reale o meno, basterà conservare la meraviglia nello sguardo, la voglia di sognare e affidarsi all’amore.
Ah-lai e Laura in “Fiori di Loto”, Eillen in “Tesoro d’Irlanda”: ci sono dei punti di contatto tra loro?
Sono tutte donne che possono subito apparire fragili e condizionate da un dolore, anche Eillen porta con sé la sofferenza dell’abbandono della madre, ma durante la storia ci sarà un’evoluzione. Troveranno dentro di loro una forza che non sapevano di possedere e una nuova fiducia nella vita e nell’amore.
Manuela Chiarottino, come ti sei dovuta documentare per raccontare la malattia e per narrare culture e luoghi diversi dai nostri?
Ho dovuto fare molte ricerche, naturalmente per la parte medica ho poi sottoposto tutto alla visione della dottoressa, mentre per la parte storica, che ha suscitato in me molto interesse, ho letto un libro sull’argomento, navigato su internet, letto interviste alle ultime donne che avevano subito questa crudeltà e, ahimè, visto delle fotografie dei piedi di loto, rendendomi ancora più conto di quanto fosse assurda e dolorosa quella tradizione. Per quanto riguarda i luoghi ho fatto altre ricerche e cercato fotografie, come faccio per ogni mio romanzo.
Un’ultima domanda… Ti rivolgi anche ad un pubblico di lettori maschile, ma le tue protagoniste sono sempre donne, perché? Pensi che riusciresti a entrare nei panni di un uomo e a dargli voce con la tua abile penna?
In realtà è una cosa che ho già fatto. In “La locanda del porto”, edito Triskell, parlo di un giovane che, scacciato di casa per la sua omosessualità, dalla Cornovaglia fugge a Londra, giurando di non tornare mai più. Lo farà in occasione della lettura del testamento, dopo la morte del padre, che si rivelerà non essere davvero dovuta a un attacco di cuore. Questo, insieme a un incontro inaspettato, lo porterà a trattenersi per scoprire la verità e forse anche qualcosa in più sul genitore. Un piccolo giallo sentimentale, che ancora una volta mi ha portato in terre affascinanti.