Ettore Bassi: sempre più legato al palcoscenico

Ettore Bassi: sempre più legato al palcoscenico

Intervista ad Ettore Bassi, che da volto noto della TV, torna nuovamente in scena al teatro con lo spettacolo “Trappola per topi”.

Ettore Bassi è nuovamente in scena con lo spettacolo teatrale, “Trappola per topi”, ripartito dai Teatri di Siena i primi di novembre. Uno spettacolo che registra numeri importanti da tempo, con un protagonista pronto a parlarci del suo modo di intendere la vita, così come del mestiere che tanto ama e degli sviluppi che compongono…

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Ettore Bassi. Lo spettacolo, “Trappola per topi”, ti vede nuovamente in scena questo novembre. Quali sensazioni accompagnano questa ripresa?
Una forte emozione! Già dallo scorso anno abbiamo riscontrato una grande ovazione, partecipazione e affetto, da parte del pubblico. Inoltre parliamo di un testo definito un classico, un prodotto caratterizzato al suo interno da una magia che non si esaurisce mai, qualcosa che fa sempre bene a chi lo vede e a chi lo fa. Inoltre, la compagnia è costituita da persone piacevolissime, per bene.

Come vivi i rapporti con i tuoi compagni di avventura?
Ormai, dopo più di cento repliche, si ha sempre piacere di ritrovarsi, di raccontarsi, come capita in famiglia prima di sedersi a tavola. Niente di più bello e semplice…

Quali sensazioni sono legate alla tavole del palcoscenico?
L’emozione è sempre tantissima cosi come l’opportunità nel per poter crescere sempre più! Il teatro continua ad essere un luogo dove l’incontro con te stesso è sempre potente. Ti lascia dentro un senso di disciplina e studio che ti riconnettono con l’essenza di questo lavoro, senza dimenticare il contatto con il pubblico con cui ogni sera si instaura un vero e proprio matrimonio. Esperienze che negli anni diventano sempre più necessarie.

Ettore Bassi

Cosa sta regalandoti questo percorso artistico?
Metto in prima linea il mezzo teatrale, capace di creare uno scambio importante con il pubblico. Non a caso i grandi testi, dei grandi autori, sono importanti proprio per i messaggi che lanciano, capaci di segnare l’anima delle persone. La televisione, la fiction, mi hanno, invece, regalato la conoscenza della potenza dell’ambito televisivo. Un meccanismo misterioso e bello che agisce sulla coscienza delle persone, consapevoli dell’uso che se ne fa.

Quanto sei cambiato da quelli che sono stati i tuoi inizi ad oggi?
Sono cambiato moltissimo! Fortunatamente sono riuscito a mettermi in moto in un percorso di ricerca che mi ha concesso di trovare qualcosa, utilizzando tutto ciò per continuare a crescere. Attraverso il mio percorso, così vario, ho trovato dentro me delle qualità che mi hanno permesso di essere diverso, oggi. Se mi guardo indietro, se guardo alcune repliche di “Carabinieri”, come capita alcune volte, mi ritrovo diverso. Un diverso che non guarda per forza di cose al negativo ma ad una piena consapevolezza di sé, al sentirmi di certo più uomo, oggi.

Cosa manca a questo tuo percorso?
Manca una parte proattiva alla costruzione dei progetti, cosa che sto facendo negli ultimi tempi con due artisti. Stiamo costruendo dei progetti di teatro musicale con la sensazione di avere finalmente intrapreso un percorso di cui oggi sentivo realmente il bisogno. Cosa di cui, forse, in passato non sarei stato in grado.

Ettore Bassi che periodo sta vivendo?
Un periodo di forte concordia con me stesso. Qualcosa legato ad una stabilità emotiva che ho finalmente raggiunto, dopo tante sofferenze, dopo aver individuato una strada giusta da seguire.

Quanto è cambiato a tuo avviso il modo di fare televisione, cinema e teatro negli ultimi tempi?
È cambiato, a mio avviso, perché riflette lo specchio della società di oggi. Una società non del tutto positiva. Dal punto di vista umanistico trovo ci sia stato un peggioramento profondo della società che non vuol guardare per forza all’essere umano in sé ma soprattutto a chi decide che direzione debba prendere questa massa. La televisione è di certo il primo strumento implicato, additato, come specchio preciso di questo riflesso. Il teatro è, per fortuna, meno filtrato da passaggi intermedi che possono gestirne l’effetto comunicativo. È diretto, intriso e vissuto in modo carnale nel presente, senza alcuna mediazione. Motivo per cui, al momento, lo preferisco sempre più.

Cosa puoi anticiparci sul tuo futuro artistico?
Abbiamo appena debuttato con uno spettacolo, “Femmena”, un’opera sinfonica basata su Pino Daniele, il poeta delle donne. Il tutto accompagnato da alcune musiche riarrangiate da noi, con un’orchestra sinfonica di 40 elementi, e con un racconto in prosa. Qualcosa di emozionante, grazie ai testi di Pino stesso, atto a volerlo celebrare in occasione del decimo anniversario dalla sua scomparsa. Qualcosa di diverso dal solito. Non ultimo, “Dio come ti amo”, uno spettacolo che ‘tocca’ la violenza sulle donne, nello specifico, la relazione tra uomo e donna, in maniera meno propagandistica o superficiale dal solito modo in cui ci viene raccontata. Abbiamo affrontato degli studi portandoli poi nell’arte raccontando la situazione del momento su questo tema. Attraverso il teatro vogliamo portare ciò che più conta, una forte riflessione.

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