Gianni Ferreri: lontano da Napoli, vivo, penso e parlo napoletano
Intervista all’eccellente attore Gianni Ferreri, che abbiamo imparato ad amare al teatro e nei suoi tanti ruoli televisivi.
Un Gianni Ferreri diverso dal solito in scena al Teatro Golden di Roma dal 14 novembre al 24 in “Famiglia micidiale”, una commedia dalle tinte forti ad opera di Alessandra Merico. Un uomo che vive lontano dalla sua Napoli ma pensa e parla napoletano, qualcosa di realmente imprescindibile.
Ben ritrovato su La Gazzetta dello Spettacolo, Gianni Ferreri. Dal 14 novembre sarai in scena al Teatro Golden di Roma con “Famiglia micidiale”, uno spettacolo allegro, dalle vicissitudini esilaranti. Cosa puoi dirci a riguardo?
Parliamo di uno spettacolo che ha preso vita dalla fantasia di Alessandra Merico, autrice del testo, che ha colto questa ricerca spasmodica di accettazione legata ai social. Si parla di due famiglie rivali tra loro, in una commedia davvero divertente, in cui per l’occasione vesto i panni di un nonno.
Una prima volta in questo ruolo?
Avevo già interpretato un ruolo del genere in un paio di occasioni precedenti. Ero all’inizio della carriera, ai tempi…
Quali sensazioni ti legano ancora oggi alle tavole del palcoscenico?
Una forte emozione e un grande divertimento, qualcosa che non si spegne con il passare del tempo.
Ti abbiamo visto al cinema ne “Il mio regno per una farfalla”, di e con Sergio Assisi, non molto tempo fa. Che esperienza ha rappresentato e cosa ti lega a Sergio?
Sergio ha cominciato con me la sua carriera e poter lavorare di nuovo insieme ha rappresentato una bellissima avventura. Tra le primissime cose fatte al teatro ci fu un’esperienza in cui dovette sostituire un altro attore. Lui era ragazzo ed io semplicemente giovane. In questo suo progetto ho potuto ritrovare Tosca D’Aquino, Barbara Foria, godendo della stima e libertà del regista e collega che ti consente anche di inventare qualcosa, lasciando una tua piccola impronta.
Poco prima delle riprese, Ischia aveva subito un brutto colpo. Cosa ti ha regalato la possibilità di poter lavorare in una terra così bella e al contempo ferita?
Un senso di unione e fratellanza ad un popolo così vicino e realmente ferito nel profondo. Il tutto poi annesso al piacere nel vedere risalire dalle ceneri questa terra. Il mio rapporto con le isole negli anni è sempre stato molto difficoltoso, particolare. Mi capitava di accordare dei pianoforti in quei luoghi, da ragazzo e in particolar modo in inverno, una situazione che alcune volte mi teneva bloccato a causa dell’improvviso maltempo.
Da tempo vivi nella splendida Roma, la città del cinema, ma quanto spesso ti capita di avvertire la mancanza di Napoli, del tuo mare?
Ho la fortuna di frequentare spesso persone campane e di sentirmi a casa con loro. Penso napoletano, parlo napoletano e voglio che gli altri mi comprendano per come sono. Mi basta prendere un treno e spendere pochi soldi per poter essere di nuovo a Napoli. Posso, quindi, dirti che non mi manca affatto, proprio a causa della ‘vicinanza’, in tutti i sensi.
Che periodo stai vivendo?
Vivo un periodo particolare. Particolare perché di giorno in giorno mi confronto, senza rattristarmene affatto, con l’età che avanza, con le differenze che mi porta ad accettare il mio lavoro, con dei repentini cambiamenti. Il tema portato in scena da Alessandra Merico, caratterizzato dai social e da un dato algoritmo, è qualcosa di preponderante oggi, che ‘vince’ quasi su tutto. Un algoritmo che trasponiamo in tutto nel quotidiano, che si parli di teatro, televisione o cinema, ahimè.