Miseria e Nobiltà: l’adattamento di Arena e Melchionna
Due nomi del teatro italiano, insieme per portare in scena un nuovo teatrale di un capolavoro: Miseria e Nobiltà.
“Miseria e Nobiltà” un classico napoletano riadattato da Lello Arena e Luciano Melchionna, in scena al teatro Augusteo di Napoli fino a domenica 1 dicembre.
Un cast di attori eccezionali, davvero bravissimi nei loro ruoli perfettamente “calzati”: Raffaele Ausiello, Chiara Baffi, Marika De Chiara (Gemma), Andrea De Goyzueta (Pasquale), Renato De Simone, Valentina Elia, Alessandro Freschi (Peppeniello), Luciano Giugliano, Irene Grasso, Raffaele Milite, Fabio Rossi, Ingrid Sansone (Luisella) e Massimo De Matteo un artista fuori classe, fenomenale nel ruolo del protagonista, ovvero Felice Sciosciammocca scrivano, sciupafemmine e soprattutto senza mai una lira in tasca.
Una versione totalmente nuova, non paragonabile a quella che conosciamo essendo un rifacimento che ben si incastra nell’attualità, nei disagi ed affanni quotidiani.
Roberto Crea ha realizzato delle scenografie in totale contrapposizione: un primo tempo dove si vive un’atmosfera angusta, pesante come possono essere pesanti la miseria e la fame che ti spingono, talvolta, a compiere azioni becere.
Una percezione che, empiricamente, permette di vivere lo stato degli artisti, i quali riescono a trasmettere dal palco emozioni e sensazioni … e dove i personaggi prendono vita nella totale disperazione, scervellandosi in marchingegni e stratagemmi per poter andare avanti.
Nel corso del secondo tempo si respira un’aria decisamente carica di ossigeno, che prende il sopravvento sull’anidride carbonica che si respirava fino a pochi istanti prima.
Ed ecco cadere il telone grigio ed opprimente che da spazio alla luce, alla ricchezza… una ventata di benessere che spazza in niente i problemi, primo fra tutti la fame.
Un salone che denota abbondanza e prosperità, in cui menzogna ed inganni prevalgono per il proprio tornaconto.
La versione di Miseria e Nobiltà di Arena e Melchionna diverte pur allontanandosi dallo stile classico del nostro Eduardo Scarpetta, è quasi un percorso interiore, intimo che porta lo spettatore ad esaminare se stesso e l’effettività.
L’allestimento ed i costumi (Milla) non danno una specificità, per cui gli spettatori possono essere trasportati in qualsiasi tempo e spazio, in cui l’unico fattore denominatore sono la miseria e l’indigenza da scrutare attraverso considerazioni non solo di carattere personale.
Un’opportunità per compenetrarsi e concentrarsi sulle mancanze di ciò che è fondamentale per vivere, a cui conseguono mortificazione spirituale e senso di desolazione, il tutto condito da ilarità, battute e tanta arte.