Patrizio Rispo
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Patrizio Rispo: c’è tanto ancora da raccontare su Raffaele

A tu per tu con Patrizio Rispo che ci svela il futuro del portiere di “Un posto al Sole”

Patrizio Rispo, con il suo amato Raffaele Giordano, è da sempre l’amatissimo portiere di Palazzo Palladini, una vera e propria istituzione per chi ama la soap opera di Rai 3, Un Posto al Sole.

Siamo felici di incontrarlo, di raccontarvi qualcosa in più di un vero attore partenopeo…

Benvenuto su La Gazzetta dello Spettacolo, Patrizio Rispo. Che bilancio ne fai, ad oggi, del tuo percorso di vita?
Mi ritengo fortunato perché faccio parte dell’ultima generazione che ha avuto la possibilità di affrontare questo lavoro con un minimo di dignità. Ho lavorato con i più grandi registi e attori, realizzando spettacoli da dieci, undici mesi di tournée, con un grande dispendio di soldi e di idee. Si viveva, all’epoca, di una grande dignità professionale, cosa diventata difficilissima, oggi. Non esiste più il circuito teatrale italiano. Se fai quaranta piazze per uno spettacolo è già tanto e bisogna inventarsi altre cose. L’aurea di fascino di un tempo è finita. Vedo talenti faticare nell’andare avanti, gente frustrata. Ho fatto poco cinema ma ritengo di essere, come dicevo poc’anzi, davvero fortunato perché faccio un mestiere che amo.

Sei da ventisette anni nelle case di tutti noi. Un affetto grande, immenso, quello che le persone provano per te, per tutti voi protagonisti della soap opera, Un Posto al Sole…
Una grande scommessa Un Posto al Sole, specie in una città come Napoli. Mai avrei pensato di poter vivere del mio mestiere proprio qui, ritrovando così la famiglia, gli affetti, i vari stimoli. Proprio qualche giorno fa, a Capri, sono stato fermato da alcuni fan della soap. Ci trasmettono sempre un affetto immenso, in ogni dove.

Patrizio Rispo, Un Posto al Sole ti ha regalato tanto ma, c’è stato forse un rovescio della medaglia, qualcosa che ti è venuto a mancare?
No, assolutamente no! Al di là di ciò che faccio c’è un indotto di affetto, di gratificazione, pazzesco. Forse avrei fatto più cinema ma non avrei avuto questo tipo di vicinanza, di umanità e riconoscibilità. Gli altri passano, noi siamo sempre qui…

Il tuo Raffaele ha vissuto un momento delicato, particolare, un po’ come accadeva anni fa, quando la contessa Palladini (Ida Di Benedetto) cercava di allontanarlo da Palazzo…
Si tratta della ‘solita’ lotta contro i ricchi che non accettano questo eccesso di creatività, di fantasia, di questo portiere, a loro parere, un po’ indisciplinato. Non hanno voglia di creare un reale rapporto con lui e, di tanto in tanto, mettono a rischio il suo portierato. Sui social si sono scatenati in tanti, timorosi che Raffaele potesse andare via…

A tuo avviso c’è ancora qualcosa dell’apprezzato Raffaele che non è stato ancora raccontato?
Sicuramente! Nel libro, “Il sole all’alba”, si racconta degli inizi di Raffaele a Palazzo Palladini, di come è nato il rapporto con Renato e con le sorelle Cozzolino, Giulia e Rita. C’è ancora tanto da dire su Raffaele…

Si dice spesso che la soap sia, specie per tutti voi, ‘famiglia’ e, a tal proposito, come vengono accolti i ritorni come quello di Luigi Di Fiore, nei panni di Luca De Santis, dopo ventidue anni, e la stessa Giada Desideri, da pochissimo rientrata nei panni di Claudia Costa?
Siamo legatissimi, specie noi del gruppo storico, ed anche il pubblico ha riaccolto Luigi e Giada con enorme affetto. Ho ritrovato una Giada splendida, solare, e spero non ci lasci di nuovo e lo stesso vale per Luigi. Siamo cresciuti insieme, il pubblico lo sa, perché è cresciuto con noi. Ci ha visti maturare, cambiare…

Patrizio, quanto pensi sia cambiato il modo di fare televisione, teatro e quanto altro, rispetto a quelli che furono i tuoi inizi?
Per chi fa teatro bisognerebbe aprire dei circuiti nazionali, facendo vedere uno spettacolo ovunque. Occorre una continuità, la possibilità di investire e lo stesso vale nel cinema. Oggi è molto più facile sperimentare, anche con i telefonini. Non è un momento facile, specie per la cultura in genere. Dovremmo smuovere un po’ più gli animi, educare un popolo. Meno cultura c’è e più ci si imbastardisce.

Hai due figli giovani e, a tuo modo, quali consigli hai cercato di dare loro affinché possano seguire una strada ben precisa?
Sto regalando loro il tempo! Non metto alcuna ansia, gli consento di seguire le loro passioni, così come fece mia madre con me. Uno studia comunicazione con indirizzo cinema e televisione e l’altro studia scultura all’Accademia di Belle Arti. Sopravvivere della propria passione non è facile, è una grande scommessa, ma è giusto provarci.

C’è anche un Patrizio imprenditore con il tuo locale, “Tucci’s”. Cosa puoi dirci a riguardo?
Mi diverto, vivo il ruolo dell’imprenditore come fosse un gioco e con grande successo. Si canta, si suona, si balla, è un social club che piace alle persone.

Cosa possiamo aspettarci ancora dal futuro artistico di Patrizio Rispo?
Aspetto sempre il grande cinema! Inoltre c’è il libro di mia moglie, “La camorra si studia in terza”, che ha avuto un riconoscimento culturale dal ministero e stiamo lavorando affinché possa diventare un film.

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